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Monte Pasubio e strada delle Gallerie

Il massiccio del Pasubio: acrocoro delle Prealpi Venete a ponte tra la val di Posina a oriente e il gruppo del Carega a occidente.
La sommità è un ampio altopiano e la punta più alta è raggiunta da Cima Palon (2232m).
E' una delle montagne 'sacre' più conoscute fra quelle legate agli eventi della Grande Guerra.

Una vasta rete di mulattiere e di sentieri si dirama su ogni lato del massiccio fra cui la celebre Strada delle 52 Gallerie, una mulattiera lunga circa 6300 metri, percorribile esclusivamente a piedi, dei quali ben 2300 distribuiti in 52 Gallerie, ed i restanti intanagliati a mezza costa nella roccia viva. L'accesso da Posina è possibile dal centro del paese, seguendo la strada per Colle Xomo (vedi mappa interattiva).

Principali vie d’accesso

La Zona Sacra è accessibile anche mediante due strade carrozzabili, anche se oggi chiuse al traffico veicolare. Si tratta della rotabile degli Scarubbi, che parte dal Colle Xomo (1058 m) e che dopo Bocchetta Campiglia (1216 m) è totalmente sterrata. Si risale la gola delle Caneve di Campiglia con 12 tornanti per tagliare poi la parete rocciosa che cade verticale fino a risalire alle Porte del Pasubio (1928 m). Dal Pian delle Fugazze (1162 m) è possibile raggiungere le Porte del Pasubio (1928 m), ove sorge il rifugio gen. Achille Papa e il bivacco Sacchi-Marzotto, mediante un’altra rotabile che risale la Val Fieno per inserirsi infine nell’impervia Val Canale attraverso la Galleria d’Havet. Prende da qui il nome di Strada degli Eroi, in quanto sulla parete rocciosa scavata per permettere il transito sono incastonate delle targhe che ricordano le medaglie d’oro del Pasubio.
Il Pasubio presenta infine vie d’accesso attraverso le varie valli che lo solcano in ogni suo lato. È possibile perciò esplorarlo in ogni suo lato, spesso nascosto e selvaggio: talvolta i sentieri si riducono ad esili tracce ed essendo frequente che il monte sia avvolto dalla nebbia, è sempre da prestare attenzione in quanto non è raro perdere l’orientamento a causa di queste caratteristiche.


Opere belliche

La zona storicamente più importante del Pasubio, dal 1922 è stata dichiarata monumentale "a consacrazione nei secoli della gratitudine della Patria verso i figli che per la sua grandezza vi combatterono epiche lotte". E' delimitata da 30 cippi che ricordano i reparti che maggiormente si distinsero negli accaniti combattimenti e comprende il Dente Italiano, la Cima Palon e la vetta immediatamente a sud di detta cima. Le strade di accesso al Pasubio sono due:

la strada degli Eroi che dal Pian delle Fugazze (1.162 slm) - galleria d'Havet al rifugio Gen. Papa, sbocca alle Porte del Pasubio (1.918 slm). Nel tratto a monte sono state collocate le lapidi ricordo dei 15 decorati di Medaglia d'Oro, della zona circostante, tra cui quelle dei trentini Cesare Battisti, Damiano Chiesa e Fabio Filzi;
La strada degli Scarubbi che dal Ponte Verde (901 slm), per Colle Xomo (1.058 slm), Bocchetta di Campiglia, si inerpica sino alle porte del Pasubio, ricollegandosi alla strada degli Eroi.
La più famosa via d’accesso al Pasubio è stata costruita nel corso della Prima Guerra Mondiale e rappresenta una delle maggiori opere belliche di tutto il conflitto, che non ha probabilmente pari in nessun luogo. Si tratta della strada delle 52 gallerie, una mulattiera che permetteva all’esercito italiano il collegamento fra la base del monte e la zona alta al riparo dal tiro nemico (la già attiva strada degli Scarubbi era invece sotto il fuoco austriaco) e in ogni stagione dell’anno.

Un’altra considerevole opera bellica del Pasubio è costituita dal sistema sotterraneo dei due Denti. Si tratta di due speroni rocciosi che superano di poco i 2200 metri, sul crinale principale, posti l’uno di fronte all’altro, divisi da una selletta. Dopo le prime fasi del conflitto il dente meridionale fu fortificato dagli italiani e quello settentrionale dagli austriaci, da cui i loro nomi. Si tratta di vere e proprie fortezze naturali, in cui furono scavati ricoveri, postazioni d’artiglieria e feritoie. In particolare nella seconda fase del conflitto, in corrispondenza dell’inverno 1917-18, furono teatro di una guerra parallela denominata “guerra sotterranea” in quanto da ambo le parti vi era il progetto di arrivare a far saltare con l’esplosivo le postazioni nemiche. Così ancor oggi è possibile individuare (con i dovuti mezzi e le dovute cautele, con la guida di un esperto) le gallerie austriache, con la Ellison che costituisce il tratto principale in direzione del Dente Italiano. Mentre quelle austro-ungariche seguivano un certo progetto iniziale, le gallerie italiane sono contorte e intricate, dovuto evidentemente al fatto che furono scavate per porre rimedio ai tentativi nemici di far saltare il Dente. Il Dente Italiano è inoltre collegato dalla Galleria Papa alla retrostante Cima Palon, il cui accesso è ben segnalato appena sotto il punto più alto del Pasubio. La guerra di mine fu caratterizzata da numerosi scoppi e alterne vicende fino alla grande mina austriaca del 13 marzo 1918, quando 50mila chilogrammi di esplosivo squarciò l’avamposto del Dente Italiano senza peraltro produrre gli effetti desiderati quanto a perdite del nemico poiché era previsto per poche ore dopo lo scoppio di una mina italiana, tanto che il presidio al Dente era ridotto al minimo.

Un secondo, considerevole sistema sotterraneo si può individuare nel Monte Corno Battisti, così denominato in quanto fu teatro, nel 1916, della cattura da parte delle truppe imperiali dell’irredentista trentino Cesare Battisti, arruolato con il ruolo di tenente nel battaglione alpino Vicenza. L’entrata a questo labirinto sotterraneo è nota solo a pochi esperti, in quanto le gallerie del Corno Battisti sono molto più pericolose e soggette a crolli rispetto a quelle dei due Denti.

Oltre alle numerose opere belliche secondarie che si possono trovare in numerose parti del Pasubio, dai ricoveri alle trincee, vi sono altre tre costruzioni successive al conflitto ma direttamente collegate ad esso.

Si tratta dell’arco “Di qui non si passa”, un arco romano costruito fra le due guerre poco distante dalla prima linea, vicino alla Sella del Comando, in corrispondenza di un cimitero di guerra di cui si possono vedere bene le tracce tuttora.

Proprio sulla Sella del Comando è stata edificata una chiesetta dedicata a Santa Maria, voluta dai reduci, dove si celebra regolarmente messa nel periodo estivo. Appena fuori dalla chiesa si trova la tomba del generale Vittorio Emanuele Rossi (comandata del Battaglione Monte Berico), reduce del Pasubio che volle tornare lassù una volta morto, con i suoi soldati.

La terza, più famosa, opera è l’Ossario del Pasubio, costruito poco lontano dal Pian delle Fugazze nel primo dopoguerra e che rientra, con quelli del Grappa, di Asiago e di Tonezza, nel simbolo della provincia di Vicenza. Contiene le spoglie di circa 13.000 caduti di ambo le parti e anche quelle del generale Guglielmo Pecori Giraldi, comandante delle truppe del Pasubio, che volle essere lì tumulato.

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